Calendario di Dio

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Siamo Veramente nell'Anno 2024 dopo Cristo?

Il calendario come mi e stato rivelato dallo Spirito Santo

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“In principio  Dio creò il cielo e la terra” (Gen. 1,1) e senza questo atto creativo non sarebbe nato l’universo ordinato né la  storia umana.  Tutto trae origine dal potere di Dio capace di creare per l’uomo tante meraviglie  come l’alternarsi del giorno e della notte che appartiene a quel “divenire” di ogni essere vivente che, come tale, nasce, cresce e muore. L’uomo, che fin da principio  ha dovuto vivere l’avvicendarsi   delle stagioni,  ha sempre cercato di sistemare in maniera ordinata questo “moto perpetuo” del creato, facendolo rientrare in una sorta di schema preordinato chiamato “calendario” per assegnare un nome diverso ad un tempo diverso in fasi diverse. Tuttavia i calendari, pensati dall’uomo nel tempo e nello spazio, sia lunari che solari,  non potevano rispettare il  vero “tempo di Dio”, essendo impossibile far rientrare nella imperfezione umana la perfezione del creato e del Suo Creatore.  Afferma, a tale proposito, l’autorevole scienziato Antonio Zichichi che, per ottenere un calendario perfetto “ci vorrebbe un fratello cosmico capace di vedere dall’alto”. Per questo motivo, l’uomo vive un tempo “approssimativo” rispetto al tempo di Dio, pur essendo uscito dalla sua potente mano. Dio, pur avendo stabilito  l’uomo sulla terra, è partecipe della sua vita e della sua storia, intervenendo al momento opportuno, secondo tempi da Lui prestabiliti. La storia umana, infatti,  è costellata di  interventi divini, che hanno sempre coinciso con avvenimenti celesti, perché il ricordo della sua opera  restasse indelebile nella mente umana. Partendo dalla Pasqua Ebraica vediamo come Dio predispone ogni cosa affinchè il “passaggio” avvenga esattamente durante l’equinozio di primavera e, millenni dopo, fa coincidere, con lo stesso avvenimento celeste, la Resurrezione di Cristo, la cui  nascita viene preceduta dalla presenza in celo di una stella di rara grandezza e luminosità, capace   di condurre i Re Magi fino alla grotta di Betlemme, dove la stella si posa per poi spegnersi  piano piano.  Anche quando Dio si manifesta all’uomo lo fa attraverso fenomeni atmosferici come la nube, un vento che si abbatte gagliardo, un alito di vento leggero e così via. Dio, con la Sua continua presenza nella storia dell’uomo ha tante volte usato il cielo anche per sfamarlo, facendo piovere la manna nel deserto dove il popolo di Israele si era stanziato uscendo dall’Egitto in cerca della terra promessa.  Anche oggi ci sfama con il pane vivo disceso dal celo nella persona di  Gesù, attraverso l’Eucaristia. Il desiderio dell’uomo è quello di tendere a Dio per conformarsi a Lui e vivere il Suo tempo. E’ una tendenza spirituale che trova compimento nell’amore di Dio ma non si realizza come sforzo umano per ottenere  sulla terra un calendario  che possa coincidere con  il tempo di Dio. L’uomo, inconsapevolmente, nella storia passata,  ha già vissuto il tempo di Dio nel momento in cui Egli si è fatto uomo nel seno della Vergine Maria vivendolo come “caparra” in attesa di riviverlo il giorno della  Parusia, perché con il suo ritorno in terra Dio inaugurerà il Regno d’amore e di pace preparato per coloro che lo attenderanno e lo accoglieranno nei loro cuori. Molti che attendono con fiducia il ritorno di Dio, vivranno, dunque,  il SUO TEMPO. In quel tempo non sarà più necessario per l’uomo pensare ad un calendario perché Dio lo ha già predisposto rivelando le date certe che i suoi figli vivranno insieme con Lui. Questo è il dono che Dio fa in anticipo a quanti lo attenderanno con fede sincera desiderosi di incontrarsi con Lui.  Questo calendario, sia che venga accolto, sia che venga rifiutato, nulla toglie all’opera santa della Chiesa che quotidianamente ci offre Gesù in corpo sangue anima e divinità grazie ad un avvenimento definito “mistero della fede” che  supera ogni tempo e ogni calendario. Matteo. 10, 26-27. Non li temete dunque, poiché non v'è nulla di nascosto che non debba essere svelato, e di segreto che non debba essere manifestato.27Quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, e quello che ascoltate all'orecchio predicatelo sui tetti. 

Da millenni l’uomo ha cercato di dividere il tempo per ordinarlo a scopo pratico e convenzionale, tuttavia, gli sforzi e gli studi compiuti fino ad oggi non hanno ancora portato ad un calendario perfetto, corrispondente cioè al tempo di Dio (tempo mistico). Sempre per convenzione anche gli avvenimenti storici sono stati catalogati in: a.c. (anteriori alla venuta di Cristo) e d.c. (dopo della venuta di Cristo) , ma questo, nel calendario di Dio non è previsto, è prevista un’unica continuità di tempo da Adamo ai giorni nostri. Il calendario in uso corrente, detto Gregoriano, fu opera di papa Gregorio XIII il quale, lo costituì sulla base di un progetto dell’astronomo Luigi Lillo. Esso comprende sia le feste civili che quelle religiose. Queste ultime si sono sviluppate nel corso dei secoli. Infatti, all’inizio dell’era cristiana, l’unica festa era la Domenica, giorno del Signore, cui fece seguito la celebrazione della Pasqua. Intorno al 523 d.c. il monaco Dionigi il Piccolo fu incaricato di perfezionare i conteggi, per risalire alla data della Pasqua di Resurrezione, sulla base dei dati forniti dal Concilio di Nicea (325 d.c.) il quale, stabilì, che la Pasqua si sarebbe celebrata la domenica seguente il primo plenilunio che viene dopo l’equinozio di primavera, un periodo che oscilla tra il 22 marzo e il 25 aprile. Dionigi allargò i suoi studi fino ad arrivare all’anno e al giorno di nascita di Gesù anche se, ulteriori studi, hanno dimostrato che le sue affermazioni non erano esatte, tant’è, che ancora oggi, la Chiesa festeggia il Natale di Gesù, il 25 dicembre, solo per sostituire, in questa data, la festa pagana del “sole invitto”.

Stabilire quindi una festa religiosa, attraverso il nostro calendario Gregoriano, significa fissare una data, uguale per tutti, anche se non corrisponde alla dimensione mistica del tempo. Secondo l’illustre scienziato Antonino Zichichi non è possibile avere un calendario perfetto, poiché non è possibile calcolare l’esatta inclinazione dell’asse terrestre, rispetto al sole, a causa di variazioni continue sia prevedibili che imprevedibili. Non tutto, dunque, è dato di conoscere all’uomo in modo perfetto senza il superiore intervento di Dio. Anche le rivelazioni date ai profeti, nelle varie apocalissi, restano spesso congelate fino a quando non giunge il tempo di svelare le profezie. Lo stesso dicasi delle visioni di Giovanni Apostolo, descritte nell’apocalisse, il cui significato resta tuttora sigillato.

Secondo la traduzione Giovannea ( Vedi Vangelo di Giovanni ) Gesù mori“il giorno della preparazione” (18, 28) non quello in cui si celebra la Pasqua, come riferiscono i sinottici (Marco 14,12-16 e Luca 22-15).

Molto importante per noi

Codice: ZI07040510

Data pubblicazione: 2007-04-05

La Croce, centro della nuova Pasqua di Gesù, ricorda Benedetto XVI

Presiedendo la Messa “in coena Domini

CITTA’ DEL VATICANO, giovedì, 5 aprile 2007 (ZENIT.org).- Al centro della Pasqua nuova di Gesù c’è la Croce, ha affermato questo giovedì Benedetto XVI presiedendo, nella Basilica di San Giovanni in Laterano, la concelebrazione della Santa Messa “in coena Domini”. 

Nell’omelia della celebrazione, durante la quale ha compiuto il rito della lavanda dei piedi a dodici uomini, rappresentanti delle aggregazioni laicali della Diocesi di Roma, il Pontefice ha ricordato che la celebrazione della Pasqua di Israele era una festa di commemorazione, di ringraziamento e, allo stesso tempo, di speranza, al cui centro c’era l’agnello, simbolo della liberazione dalla schiavitù in Egitto. 

Il ringraziamento e la benedizione di Dio raggiungevano il culmine nella berakha, in greco eulogia o eucaristia: “il benedire Dio diventa benedizione per coloro che benedicono. L’offerta donata a Dio ritorna benedetta all’uomo”. 

“Tutto ciò ergeva un ponte dal passato al presente e verso il futuro: ancora non era compiuta la liberazione di Israele. Ancora la nazione soffriva come piccolo popolo nel campo delle tensioni tra le grandi potenze”; il “ricordarsi con gratitudine dell’agire di Dio nel passato diventava così al contempo supplica e speranza: Porta a compimento ciò che hai cominciato! Donaci la libertà definitiva!” 

E’ questa cena “dai molteplici significati” che Gesù celebrò con i suoi la sera prima della sua Passione, ha osservato il Papa, ed è “in base a questo contesto dobbiamo comprendere la nuova Pasqua, che Egli ci ha donato nella Santa Eucaristia”. 

Benedetto XVI ha quindi ricordato “un’apparente contraddizione” tra il Vangelo di Giovanni da un lato e gli altri tre dall’altro. 

“Secondo Giovanni, Gesù morì sulla croce precisamente nel momento in cui, nel tempio, venivano immolati gli agnelli pasquali”, il che significa che “morì alla vigilia della Pasqua e quindi non poté personalmente celebrare la cena pasquale”. 

Per i tre Vangeli sinottici, invece, “l’Ultima Cena di Gesù fu una cena pasquale, nella cui forma tradizionale Egli inserì la novità del dono del suo corpo e del suo sangue”. 

La scoperta degli scritti di Qumran ha condotto a una “possibile soluzione convincente che, pur non essendo ancora accettata da tutti, possiede tuttavia un alto grado di probabilità”, ha rammentato il Papa: quanto è raccontato da Giovanni è storicamente preciso. 

“Gesù ha realmente sparso il suo sangue alla vigilia della Pasqua nell’ora dell’immolazione degli agnelli – ha osservato –. Egli però ha celebrato la Pasqua con i suoi discepoli probabilmente secondo il calendario di Qumran, quindi almeno un giorno prima – l’ha celebrata senza agnello, come la comunità di Qumran, che non riconosceva il tempio di Erode ed era in attesa del nuovo tempio”. 

In luogo dell’agnello, Gesù “ha donato se stesso, il suo corpo e il suo sangue”. 

Gesù stesso era “l’Agnello atteso, quello vero, come aveva preannunciato Giovanni Battista all’inizio del ministero pubblico di Gesù”, così come “è Egli stesso il vero tempio, il tempio vivente, nel quale abita Dio e nel quale noi possiamo incontrare Dio ed adorarlo”. 

“Così al centro della Pasqua nuova di Gesù stava la Croce. Da essa veniva il dono nuovo portato da Lui. E così essa rimane sempre nella Santa Eucaristia, nella quale possiamo celebrare con gli Apostoli lungo il corso dei tempi la nuova Pasqua”. 

“Dalla croce di Cristo viene il dono”, ha dichiarato il Vescovo di Roma. 

L’haggadah pasquale, la commemorazione dell’agire salvifico di Dio, è diventata quindi “memoria della croce e risurrezione di Cristo – una memoria che non ricorda semplicemente il passato, ma ci attira entro la presenza dell’amore di Cristo”. 

“E così la berakha, la preghiera di benedizione e ringraziamento di Israele, è diventata la nostra celebrazione eucaristica, in cui il Signore benedice i nostri doni – pane e vino – per donare in essi se stesso”, ha proseguito. 

“Preghiamo il Signore di aiutarci a comprendere sempre più profondamente questo mistero meraviglioso, ad amarlo sempre di più e in esso amare sempre di più Lui stesso – ha concluso il Papa –. Preghiamolo di attirarci con la santa comunione sempre di più in se stesso. Preghiamolo di aiutarci a non trattenere la nostra vita per noi stessi, ma a donarla a Lui e così ad operare insieme con Lui, affinché gli uomini trovino la vita – la vita vera che può venire solo da Colui che è Egli stesso la Via, la Verità e la Vita”.

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