Saggio Storico
Chiesa di San Lazzaro di Capua
Questo saggio su di una pagina veramente gloriosa della storia della nostra città rivela un primato ed esalta un uomo a torto dimenticato nell'albo degli uomini generosi. LAZZARO DI RAIMO, che nel 1228 fondò a Capua un lebbrosario che fu forse il primo del mondo.Un amico carissimo e medico insigne, il dott. Francesco Garofano Venosta, è stato il primo a parlare di questo primato, e con una schiera di medici sensibili alle cose di casa nostra, si è reso promotore di un premio S. LAZZARO, una vera istituzione permanente che intende segnalare alla pubblica riconoscenza il gesto più generoso verso l'umanità sofferente.Un altro amico, il sacerdote don Giuseppe Munno, mi ha sollecitato con fraterna cortesia questo saggio e voglio augurarmi di non averlo proprio deluso. E non lo meriterebbe, per lo zelo che mette nel mantenere ancora viva una devozione molte volte secolare, alla cui insegna questa gloriosa pagina di storia sociale fu scritta.Al Sindaco e all'Amministrazione Comunale di Capua questo saggio io dedico con la espressione di un voto: riviva quella tradizione di religione e di folklore attorno al vetusto santuario Captano - con iniziative opportune e aggiornate - tradizione che oggi vive solo nel ricordo e non soltanto dei più vecchi.
La Madonna è apparsa ad Antonio nel Santuario di San Lazzaro in Capua (CE) il 25/02/2001. Si è definita la “Vergine della Rivelazione degli ultimi Tempi”. Ha chiesto la venerazione della propria immagine promettendo grazie e conversioni. Ha chiesto inoltre due cenacoli di preghiera il primo e il terzo martedì del mese per riflettere sulla passione di Gesù attraverso la recita del Santo Rosario. Le apparizioni e le rivelazioni avvengono durante gli incontri di preghiera. Il Vescovo della Diocesi di Capua e il parroco del Santuario sono stati notiziati sia verbalmente che per iscritto degli avvenimenti straordinari. Attualmente l’immagine della Vergine Santa viene custodita e venerata in Capua (CE) presso la sede del “Movimento Mariano” - via San Tammaro Parco delle rose scala B- . L’ingresso nella sala delle preghiere è consentito a tutti dalle ore 18.00 alle ore 20.00 nei giorni dei cenacoli.
IL PIU' ANTICO LEBBROSARIO
Visse in Capua, nei primi del 1200, un gentiluomo che si chiamò Lazzaro di Raimo. Della sua famiglia si sa, dal libro dei Morti di S. Maria delle Monache, che da tempo immemorabile apparteneva alla Nobiltà Capuana. Nel fervore di opere che segnò il regno di Federico II di Svevia, soprattutto qui a Capua, il gentiluomo legò il suo nome a una delle più cristiane opere sociali di tutti i tempi: fondò il più antico Ospedale per lebbrosi che si conosca. Di solito si suole citare la Repubblica di Venezia, che, tolta agli Eremitani di S. Agostino l'isola di S.Maria di Nazareth, ne fece un Ospedale per malati contagiosi, che, almeno così pensano alcuni,dalla corruzione del nome Nazarethum si chiamò Lazzaretto. Ma siamo agli inizi del 1400. Capua è arrivata a questo traguardo circa due secoli prima. Soprattutto dopo la prima Crociata, il numero dei pellegrini reduci dai Luoghi Santi andava sempre crescendo e, con esso, il pericolo che la lebbra, per loro tramite, venisse portata in Occidente. Capua, nodo stradale d'obbligo per chiunque tornava dalla Palestina, offriva ottime possibilità per la creazione di un Ospedale che non fosse solo un posto di rifugio e di quarantena, ma un vero nosocomio per quanti della malattia già portavano i segni evidenti. E fu a Capua che Lazzaro di Raimo, nel 1228, fondò il primo Ospedale per contagiosi o "Lazzaroni" o "Lazzaruti" cui annesse la Chiesa di S. Lazzaro. Il documento di fondazione è di quelli che formano la delizia di quanti amano leggere nelle carte antiche. E' certamente più di una appetitosa curiosità il sapere che esso fu rogato da un notaio Captano che poi farà parlare molto di sé: il suo nome era Pier dele Vigne. Questo documento redatto in volgare arcaico non dovette essere certamente l'originale che secondo il costume del tempo venne redatto in latino, e andò smarrito. Chi si diletta di italiano arcaico lo legga nel libro di de Capua Capace sulle campane di S.Giovanni dei Nobiluomini. L'indole della presente trattazione ci consente - credo - di riportarlo in un linguaggio più accessibile e insieme aderente al testo riportato dal De Capua. " Nel nome di Cristo Salvatore. Anno 1228. Sotto il regno di Federico II imperatore. Il 2 marzo io Giovanni curiale sono stato pregato dall'onest'uomo e nobile Lazzaro di Raimo, gentiluomo della città di Capua, presente Pier delle Vigne, giudice a contratto, (per ratificare) che l'onest'uomo ha fondato una Cappella sita e posta fuori le mura della Città di Capua, la quale Cappella, dedicata a S. Lazzaro, il detto Fondatore l'ha fatta consacrare dal Rev.mo Vescovo di Nocera, Valerio Orsini. Nell'altare sono state immesse le reliquie di S. Stefano, di S. Raimo e quelle di S. Paolo. L'onest'uomo ha dotato la sua fondazione di ducati 250, frutto delle rendite di molte case nell'interno della Città di Capua e di fondi rustici fuori della città stessa. Il fondatore vuole che la Cappella sia Commenda di S. Lazzaro e che l'Ospedale abbia un Priore e tre Commendatori dalla Croce Verde. A questi venga data una retribuzione globale di 200 ducati l'anno. I rimanenti 50 ducati siano dell'Ospedale dei poveri "Lazzarosi" che sorge accanto alla Cappella. Similmente il Fondatore vuole che il Priore e i Commendatori siano nati da legittimi natali, abbiano l'entrata nella Cappella e, almeno il primo e il secondo, abbiano a prendere l'Ordine di S. Pietro e siano già cavalieri consacrati dal Re o dai Reali. Vuole altresì che l'Arcivescovo di Capua debba dire la Messa presente colui che vuole essere Cavaliere di S.Lazzaro. La consacrazione avverrà così: si celebri la messa cui assista il Cavaliere, poi questi si stenda per terra e venga coperto di un lungo panno nero mentre si recita l'ufficio doppio dei morti. Quando questo rito è finito, l'Arcivescovo ordinerà al Cavaliere di levarsi e "con trionfi e suoni" lo investirà della Croce Verde, indi, aperto il Messale, gli farà giurare perpetua castità e obbedienza, di favorire i poveri gentiluomini, le donne vedove, "li poveri lazzaruti" e di andare contro gli Infedeli. Il Commendatore dirà cento Pater e cento Ave e si comunicherà in tutte le Pasque e nelle feste degli Apostoli. In più, nella festa di S. Lazzaro, ci saranno i Vespri e la Messa solenne e il Priore è tenuto a dare al primo di casa Raimo un pesce di un rotolo, il giorno della Candelora, una candela di una libbra a tutti gli "herediscendenti". IO PIER DELLE VIGNE, giudice a contratto,seguono le altre firme.Si vede perciò che l'Ospedale e la Chiesa annessa nacquero come Precettoria dell'Ordine di S. Lazzaro che già vantava antichissime origini. Infatti un Ospedale di S. Lazzaro era già stato fondato a Gerusalemme, sotto la regola di S. Agostino. Ma quando quest'ordine fu distrutto, quello di Capua divenne la sede primaria dell'Ordine e Paolo II lo prese sotto la sua protezione, come è affermato in una Bolla di Pio IV.In seguito, ad istanza di Carlo D'Austria, imperatore dei Romani e delle Spagne, il Papa Leone X sottopose alla giurisdizione di quello di Capua l'Ospedale di S. Giovanni dei lebbrosi di Palermo e quello di S. Agata di Messina, con tutti i beni e i privilegi. La stessa bolla di Pio IV, nell'arricchire di privilegi la casa religiosa di Capua, nominò gran Maestro di tutto l'Ordine un tal Giannotto di antica e nobile famiglia milanese e, alla morte di lui, avvenuta in Vercelli nel 1572, Gregorio XIII, per dare all'Ordine maggiore lustro, nominò gran Maestro Filiberto di Savoia. Il Duca, in un'Assemblea tenuta a Nizza, si fece riconoscere per gran Maestro, prescrisse nuove leggi e fuse in uno solo i due Ordini di S. Maurizio e il nostro di S. Lazzaro e, sotto il nome di Ordine di S. Maurizio e S. Lazzaro, è conosciuto fino ad oggi. Fra i privilegi dei Cavalieri era quello di costringere, occorrendo con la forza, i lebbrosi al ricovero nei lebbrosari e, frutto dei tempi, entrare in possesso delle cose appartenute a quanti morivano nei lazzaretti. Tanto stabilivano "i privilegi e le Bolle dei Sommi Pontefici".
CHI E' IL NOSTRO SANTO
Si racconta che il compianto Cardinale Capecelatro, invitato a dettare una preghiera a S. Lazzaro da diffondere fra i numerosi pellegrini, abbia chiesto chi fosse questo santo, se il fratello di Marta e Maria, quello che Gesù risuscitò, oppure il mendico della parabola. Si vede che non ebbe risposta, perché la preghiera, limpida e pia, per essere uscita da quella penna, prescinde dalla questione e non fa alcun cenno alla vita dell'uno o dell'altro. Anche nella chiesa attuale la contradizione è evidente fra l'antica statua e le iscrizioni, in quanto la prima raffigura il mendico e le altre parlano del risuscitato di Betania. Mi permetto di credere che Lazzaro resuscitato, che secondo la tradizione divenne Vescovo di Marsiglia, è un equivoco introdotto dalle preoccupazioni dei dotti che vedevano in Lazzaro della parabola un personaggio mai esistito. Credo che sarà bene assicurare due punti: il primo riguarda quale Lazzaro intendeva il fondatore ed è fuori di discussione che intendesse il mendico della parabola cui peraltro, nello stesso tempo e in tempi antecedenti, erano dedicate altre chiese, come quella di Gerusalemme; il secondo punto da chiarire è che la questione dei due personaggi non esiste da ieri, ma già Tertulliano, Ireneo, Crisostomo, S. Gregorio, S. Clemente di Alessandria, Origene, S. Ambrogio se ne occuparono, sostenendo la storicità di Lazzaro il mendico in polemica con S. Giustino, Teofilatto, Eucherio che lo immaginano con alcuni moderni un personaggio immaginario.E' chiaro che la indiscussa autorità dei nomi sopra citati ci induce a un riesame degli argomenti probativi della storicità. Infatti questa è l'unica parabola nella quale è riferito un nome, anzi le antiche tradizioni ebraiche ci tramandano addirittura anche il nome del ricco che si sarebbe chiamato Nincusi. Del resto tutto il tono del racconto è così verista che credo legittimo pensare che Gesù abbia voluto far riferimento a un personaggio veramente esistito e a tutti noto, a un episodio realmente accaduto e che aveva sollevato l'indignazione di tutti: un povero ammalato era morto di fame. Anzi c'è chi nota che il ricco doveva essere ebreo, se nomina Mosè e invoca il padre Abramo. In definitiva il povero Lazzaro veramente esistette e, per giunta, proprio nei tempi di Gesù.
S. LAZZARO E S. GIOVANNI CRISOSTOMO
Credo che pochi abbiano approfondita la figura la figura del nostro Santo più di S. Giovanni Crisostomo che, in un'omelia su S.Lazzaro mendico, ne scruta la solitudine e le sofferenze con una forza di penetrazione tale da offrire seri spunti di meditazione per ogni sofferente.
1.
Lazzaro è povero, al punto che non può avere neppure le briciole che
cadono dalla mensa del ricco.
2. Lazzaro è ammalato, esausto e roso dalla malattia al punto che
"neppure può allontanare da sé i cani e, benché ancora vivo, giace
come un cadavere e, anche vedendole, non ha la forza di cacciare da
sé le bestie che lo assalgono".
3. Lazzaro è abbandonato da tutti, anche da quelli che avrebbero
dovuto assisterlo.
4. E' esacerbato dalla vista del benessere del ricco che banchetta e
spreca davanti a lui
5. E' umiliato. Il ricco non lo degna di uno sguardo o di una
parola. Per il ricco egli non non esiste.
6. E' solo, nella sofferenza, e questa è la sua sofferenza peggiore,
giacchè "societas solet levare aerumnae gravitatem" che equivale al
nostro "aver compagno al duol scema la pena".
7.
Egli soffre senza una fede chiara né una speranza sicura, soffre
infatti prima di aver sentito il messaggio di Cristo che è stato il
solo a rassicurarci luminosamente sulla provvidenzialità del dolore.
8. Non soffre per un giorno, ma per una vita e senza tregua e senza
regressi del suo male fino alla morte.
9. Non ottiene compassione da nessuno. Tutti credono, secondo la
mentalità ebraica, che egli sia percosso da Dio per le sue
scelleratezze. Qual è la luminosa conclusione? Gesù l'ha descritta e
tutti la conosciamo. Non tutti forse conoscevamo il commento del
Crisostomo alla supplica dell'Epulone nell'inferno: "Che domandi,
miserabile? Ecco finalmente il ricco ha bisogno del povero. Quando
viene la morte e si conchiude lo spettacolo di questa vita, appena
spogliati delle larve di benessere e di ricchezza, allora solo le
nostre opere stabiliranno chi è ricco e chi è povero. E colui che
disprezza il povero che aveva sotto gli occhi adesso lo invoca da
lontano, secondo il detto di Isaia: Ecco i miei servi mangeranno e
voi resterete digiuni".
LA CHIESA E L'OSPEDALE DI S. LAZZARO NEI SECOLI
L'ATTUALE CHIESA DI San Lazzaro non mantiene nulla o quasi della fondazione di Lazzaro di Raimo, anzi è discutibile se occupi, almeno la chiesa che è rimasta, la stessa area di quella antica, che forse si trovava qualche centinaio di metri più lontano da Capua. L'antica chiesa fu distrutta nel 1799 durante la guerra contro le truppe dello Championnet. Ferdinando IV la riedificò nell'anno appresso. Sappiamo che, nel 1700, la chiesa aveva un grande pronao sorretto da quattro colonne di marmo. Davanti alla chiesa si estendeva una grande piazza ombreggiata da alberi secolari. Non mancava una fonte di acqua freschissima per temperare l'arsura dei pellegrini che di solito erano più frequenti nei mesi estivi, intorno ai giorni della Pentecoste. Dietro l'altare maggiore, attraverso una porticina si accedeva a un piccolo giardino e di qui alla scala marmorea dell'Ospedale sulla cui prima branca, affrescata da una parete, era l'immagine di S. Lazzaro Mendico. I fedeli solevano salirla in ginocchio. L'Ospedale era fornito di ampie corsie, di molti letti, di appartamenti per i medici e il cappellano o amministratore della Chiesa.Ma, con lo scomparire della lebbra, in Occidente, e, mancando lo scopo per cui il pio fondatore l'aveva eretto, l'ospedale decadde. Feredinando II di Borbone lo atterrò e ne fece una piazza d'armi.Tutto è scomparso, tranne la fede e i pellegrini che ogni anno nei giorni di Pentecoste accorrono sempre numerosi. Invocano il santo mendicante cui quella infallibile vox populi attribuisce un potere taumaturgico contro i mali della pelle, quelli ribelli a ogni specialista dermatologo e, come avviene spesso in questi casi, la fede è tale che salva. Ci sono altri, invece che si avvicinano alla immagine del Santo senza parlare, senza il solito chiasso che distingue le mete di questi pellegrinaggi popolari, quelli che aspettano che la gente se ne sia andata, prima di strofinare, come fanno tutti, il fazzoletto sulle piaghe fittizie del santo di legno tarlato. Sono quelli che le piaghe ce le hanno un poco più profonde dell'epidermide: nello spirito; gli ammalati di rancore e di solitudine, quelli che chiedono le briciole e neppure quelle hanno, quelli che, quando li vediamo, ci domandiamo anche noi chi ha peccato, essi o i loro genitori, quelli che certamente troveremo, dall'altra parte, nel seno di Abramo.Capua, Pentecoste 1968
UMBERTO D'AQUINO
GRAZIE DON UMBERTO PER QUESTO BELLISSIMO DOCUMENTO, CI FA COMPRENDERE CHE DI QUESTO SANTO SI PARLERA' SEMPRE PERCHE' E' GRAZIE AI TANTI LAZZARO ED ALLE LORO SOFFERENZE CHE TROVERA' REDENZIONE L' UMANITA' INTERA.