Stemma Cavalieri S.Lazzaro in Capua
L'OSPEDALE DI SAN LAZZARO IN CAPUA
Distinti da tutti gli altri ospedali
furono i lebbrosari. Questo particolare tipo di nosocomio adottò le
sue particolari strutture alla peculiare cura del morbo di Hansen che
in Europa ebbe larga diffusione specie dopo le Crociate (43). E questi
luoghi di cura, sorti quasi sempre fuori le mura della città, come gli
ospedali in genere , affondando le radici della loro nascita in epoche
lontanissime, trovarono sviluppo maggiore nel II e III secolo, e
furono quasi sempre intitolati a S. Lazzaro in onore del Santo che
secondo la storia del Cristianesimo e la tradizione fu affetto da
lebbra. A questo ospedale si abbinò un ordine Cavalleresco: quello dei
"Cavalieri dell'ordine di S. Lazzaro". Lo Iannotta (44) riportando una
notizia del Di Capua Capace riferisce all'anno 363 l'epoca della
fondazione dell'Ordine ad opera dei Cristiani d'Occidente, in
Palestina; ufficio di questi Cavalieri era quello di accompagnare i
pellegrini in Terra Santa, di difenderli con le armi e di ricevere i
lebbrosi (45). All'incirca della stessa epoca fu la fondazione del
primo ospedale per lebbrosi, sotto l'Impero di Giuliano l'Apostata ed
ebbe il sommo consenso del Pontefice Damaso I e di S. Basilio Magno.
Perduta però dai Cristiani la padronanza della Terra Santa,
quest'Ordine vide distrutto il suo ospedale in Gerusalemme e si
stabilì Boigny ove nell'anno 1154 ebbe la protezione di Re Ludovico
VII, detto il giovane, e continuò la sua meritoria opera. Ben presto
però i Cavalieri dell'Ordine si sparsero in tutto il mondo della
Cristianità acquistando novello splendore e vigore. Ma con il passare
dei secoli questo splendore andò oscurandosi anche perché, dopo
altissime punte di diffusione, la lebbra scemò e gli ospedali da
specifici posti di cura divennero comuni luoghi nosocomiali.
L'Ospedale di S. Lazzaro in Capua, del quale tratteremo, ebbe larghe
concessioni, prima della sua decadenza, da Papi quali Innocenzo III ,
Onorio III, Innocenzo IV, Pio IV, da Re ed Imperatori, e fu tenuto in
massima lode (46). La Chiesa e l'Ospedale di Capua furono fondate
"extra moenia" da Lazaro di Raimo, nobile cittadino capuano, il 2
marzo 1228. A questo proposito abbiamo forse il più antico e
significativo documento legale del genere, documento stilato in quel
particolare idioma misto tra il latino ed il primo italiano, dai
notari capuani, e che ebbe come giudice a contratto un nostro grande
concittadino, Pier della Vigna, colui che tenne "ambo le chiavi del
cor di Federico" come disse Dante. Riportiamo per intero questo
importantissimo documento, perduto nell'originale, ma trascritto con
la solita precisione ed attenzione dal Di Capua Capace: "In nomine
Salvatoris Christi anno MCCXXVIII. Regnante Imperatore Federico, die 2
mensiis Martii. Io Giovanne Curiale sono stato pregato per parte
dell'onesto huomo, e nobile Lazaro di Raimo , gentiluomo della città
di Capua, presente >Pietro delle Bigne Giudice a contrtatto, come
l'honesto huomo Lazaro di Raimo have fonnato una Cappella nominata
Santo Labaro, la quale detta Cappella, ut supra, detto fondatore
l'have fatta consacrare per il Reverendissimo Vescovo di Nocera
Valerio Ursino, et in detto Altare di detta Cappella, ut supra, ci è
la reliquia di S. Stefano, e di S. Raimo, e delle reliquie di S.
Paolo, et l'honesto huomo ut supra l'have dotata di docati ducento
cinquanta l'anno sopra molte case dentro di Capua, et vole detto
Fondatore, che detta cappella sia commenda di S. Labaro, et allo
Spidale che ci sia lo Priore con tre Commendatori colla Croce Verde, e
abbiano docati ducento l'anno, et li cinquanta docati siano dello
Spidale delli poveri Lazzarosi, quale detto Spidale sta iusta con la
Cappella. Item detto Fondatore, ut supra vole, che detti Commendatori,
e Priori siano gentiluomini approbati de legitimo matrimonio et
abbiano l'entrata di detta Cappella et detti Commendatori nobili
habbiano a pigliare l'Ordine di S.Pietro il primo el secondo, et siano
fatti Cavalieri in arme da Re o reali. Et l'Arcivescovo di Capua
debbia dire la Messa Pontificale presente quello, che si vole fare
cavaliere di S. Labaro, et detto Cavaliero se vole mettere a piedi
l'Altare, come ha fenito la Messa si stenna in terra con un panno
negro lungo, il quale si deve dire l'Ufficio doppio, ed ordinato dei
morti. Come è fenito detto Ufficio il Reverendissimo Arcivescovo fa
levar suso detto Commendatore, e li metta la Croce Verde con trionfi,
e suoni, e il detto Arcivescovo debbia aprire il Messale, et detto
Cavaliere debbia far giuramento di osservare castità, et obbedienza,
et favorire li poveri gentiluomini, et donne vedove, et favorire li
lazzaruti, et andare contro l'Infedeli, et detto Commendatore di S.
Lazaro è tenuto di dire cento Pater Noster et Ave Maria, et
comunicarsi tutte le Pasche et feste delli Apostoli. Item detto
Fondatore vole, che quando è la festa di S. Labaro ci siano le
Vespere, e messa solenne, et detto Priore è tenuto al primo di Raimo
un pesce d'un rotolo, e quando la Candelora detto Priore è tenuto dare
una cannela di cira d'una libra al primo di casa di Raimo, e
dell'herediscennenti. Scritto per mano di me notaro Giovanne Curiale,
ersottoscritti testimoni, et signo signavi.
Locus + Sigilli Io Pietro delle Bigne Giodice a contratto, il quale
sono stato nominato ut sopra.
Io Nicola Boffa sono testimonio.
Io Basilio Longo sono testimonio.
Ego Thomasius De Capua testis sum.
Come si può notare in questo particolareggiato atto di istituzione e
fondazione è rinchiuso tutto il significato dell'Ordine, con le sue
attribuzioni cavalleresche, le sue regole per l'investitura, i suoi
compiti caritatevoli. E queste organiche disposizioni furono nei
secoli seguite scrupolosamente; e la magnificenza dell'Ordine fece si
che altamente nobilitante fosse l'esserne il gran Maestro, tanto che
troviamo le famiglie più nobili contendersi l'onore di essere a capo
dell'Ordine stesso: De Benuto, D'Azzia, Carafa, Castiglione. Dalle
antiche pergamene anzitutto si nota che a Capua, presso l'Ospedale,
viene sempre fissata la sede del capo dell'Ordine di S. Lazzaro che
ebbe la nominativa di Gran Maestro; al contrario di quanto avevasi
nella stessa città per l'Ordine Gerosolimitano ove si accettò sempre
la definizione di Gran Priore. Come le altre consimili istituzioni
anche quella di S. Lazzaro fu suffragata ed incitata dall'aiuto, dalla
considerazione e dalla benevolenza di Re, Imperatori, e Papi. Federico
II di Svevia accordò alla città di Capua l'istituzione di un mercato
franco in prossimità della città sotto il Gran Maestrato di tal
Fr.Angelo (probabilmente della famiglia Raimo) nell'anno 1226 (47)
magister infirmorum Ecclesiae S. Lazari, quae est foris hanc Capuanam
Civitatem" per lunghi anni la vita dell'ospedale fu operante ed il
primo documento anche se con una nota negativa ci riparla del
Nosocomio, indirettamente dicendoci dell'esistenza sino a quell'epoca
dell'ospedale stesso ed è del Pontificato di Innocenzo VIII che con
bolla propria soppresse l'Ordine e l'ospedale; ma seguentemente Papa
Leone X revocò la precedente disposizione riportando all'antico onore
ed operosità la chiesa e l'ospedale. Anzi alla nostra istituzione
assoggettò gli ospedali di S. Giovanni dei lebbrosi di Palermo e
quello di S. Agata in Messina "dictumque Hospitale capuanum adversus
suppressiones et extinctiones per Innocentium VIII etiam
praedecessorem nostrum factas reposuerat et reintegraverat, ac
Magistero generali eiusdem Hospitalis, seu Domus sancti Lazari Capuam
eiusdem Ordinis Santi Augustini ut Panormitanum". Ancora Innocenzo
III, Onorio III Innocenzo IV ne presero il patrocinio tanto da
concedere ai cavalieri dell'Ordine di eleggere a loro Gran Maestro un
uomo sano e non lebbroso come voleva la tradizione, e confermando il
possesso dei beni già donati in Calabria, Puglia e Sicilia da Federico
II di Svevia. Un documento ancora importantissimo riportiamo ed è
forse tra le primissime leggi sanitarie emesse: si tratta delle
disposizioni emanate da Re Roberto il 2 aprile scrive a tutti li suoi
officiali del presente Regno che li religiosi frati dell'ospedale di
S. Labaro, ch'essi per l'Istituto dei Santi Padri e con l'autorità dei
privilegi dei sommi Pontefici hanno da costringere quelli che sono
infetti di lepra dovunque occorre trovarli, e ridurre a restringere
nelle case di detto ospedale deputate all'abitazione di simili
infermi, anche con violenza, se bisogna, separandoli da l'abitazione
dei sani, e dandogli gli alimenti necessari in dette case, aiutati per
alcuni di detti infermi che ricusano venire a detta casa spesso dalli
loro parenti, perciò detto Re Roberto ordina a detti suoi officiali
che li diano ogni favore acciò possono ridurre detti leprosi in dette
case con costringerli ancora a pigliarli personalmente". Prima legge
sanitaria d'isolamento obbligatorio; e dovette tale legge essere
scrupolosamente eseguita in tutto il Regno perché l'ospedale di Capua
fu ampliato per raccogliere il maggior numero di ricoverati: tale
dispositivo sanitario restato operante sino al 1525 fu completato da
un'aggiunta che riguardava anche tutto ciò che apparteneva ai leprosi,
con il confiscare quanto era venuto in loro contatto, e confiscando le
case, specie per quelli che decedevano, in pro dello Stato. Si ordinò
a tutti gli officiali del Regno, sotto l'Imperatore Carlo V (49) per
Andrea Carafa Conte di S. Severina, Viceré di detto Regno "che detti
officiali avea da andare a ricuperare molte robe per lo Regno di
persone infette di lebra, ed ancora di averne per lor morte, in vigor
dei suoi privilegi et bolle de Summi Pontifici". Era Gran Maestro e
Priore dell'ospedale Alfonso della famiglia d'Azzia (50) dalla quale
sortirono ben quattro Maestri. Nel 1560 (51) abbiamo l'elezione alla
somma carica di Fr. Giannetto (o Giannotto) Castiglione, milanese,
Maestro di Camera e parente di Pio IV: sotto questo Gran Maestro le
condizioni economiche dell'ospedale non dovettero essere floride,
poiché gli ammalati dovevano procacciarsi da vivere con le questue
girando per la città ed agitando le "chiaccarelle" (erano queste
composte da due pezzi di legno) e poiché erano costretti nel luogo di
cura in virtù delle leggi di Re Roberto, gli Eletti della città di
Capua inviarono una petizione al Castiglione:
"Illustrissimo e Reverendissimo Signore,
Li poveri leprosi di questo ospedale nostro di S. Labaro, per uno
memoriale presentatone si lamentano di esserne maltratti d'ogni cosa
pertinente al vivere, e governo loro, si perché l'è proibita la cerca
per il contorno, come ancora per non assistere qui la persona di V.S.
Reverendissima come è stato sempre solito de' suoi predecessori, li
quali ogni volta, che han visto li poveri di detto ospedale in
necessità, non solo l'han sovvenuti con l'entrate della Mensa
Magistrale, ma ancora con le proprie facoltà loro, dal che avendo
avuto a noi ricorso n'ha parso ragionevole tenere avvisata V.S.
Reverendissima, e dirle, supplicandola, che voglia avere qualche
riguardo a tanta necessità di costoro, ed ordinar, che dell'entrate di
questo pio loco se ne dia qualche particella a detti poveri,poiché ne
soggiungono che ogni dì ricorrono dagli altri luoghi altri ammalati
leprosi per essere stato ed essere detto ospedale Metropoli di tutta
la Religione. Dall'altro canto conviene anche a noi esortarla e
pregarla, come facemo con la presente, che voglia restar contenta
seguir li vestigi de' suoi predecessori Gran Maestri, che così come
quelli hanno fatto qui sempre personal residenza, la Reverendissima
faccia altresì poiché questo ospitale fu sempre ed è a capo della sua
Religione, da poiché per disgrazia della Cristiana Religione la sede
principale quale era in Hierusalem pervenne in mano dell'Infedeli. E
quando per alcun suo giusto impedimento non potesse con la persona sua
venire per assistere qui, com'è il dovere, potrà commettere l'autoritè
sua a qualche persona di qualità, a chi meglio potrà considerare, si
perché si mantenghi perpetuamente la dignità d'una tanta Religione in
questo Regno in servizio della Maestà Cattolica del Re Nostro Signore,
come ancora per aver cura de' tanti ospedali, che sono in esso Regno,
e non solo per questo, ma eziandio per ministrar giustizia a dei
sudditi suoi ed ad altri che haranno contro di quelli causa di
declamazione, perché da questa assentia e lontananza sua si causa il
mal governo degli ospetali e delli poveri che vi sono, la prontezza,
la contagione nelle città e luoghi dove conversano leprosi la
negligenza ed il delinquire ed il mancamento del servitio del culto
divino delle chiese e la rovina delle esse chiese e loro ospetali, non
senz'offesa della coscienza sua massime che li leprosi secondo
intendemo ogni dì crescono al contorno e van dispersi per esserne
discacciati dalli luoghi abitati e non trovano luoco dove ricettarli.
V.S. Reverendissima dunque la facci da generoso cavaliere come gli è
conforme alla bona relazione, che ne habbiamo, che oltre che deve
farlo di ragione e pertante giuste ragioni già dette, lo deve fare
parimenti per favorir noi e questa città, dove per fama universalmente
e particolarmente è amata e riverita, e baciandole la mano; preghiamo
Nostro Signore Iddio che la sua illustrissima persona facci felice
come desidera.
Di Capua 18 agosto 1567 " (52). Ed ecco la risposta di Giannetto
Castiglione: "Molto illustri signori, alla carta delle S.V. si
risponde certificandole che infinitamente da noi è stato desiderato
quello che da voi ne viene scritto, Fandoli sicuri che a tutte
provisioni necessarie tanto di cavalieri come di ospetali si faranno
le debite provisioni e sobvenzioni, al che molto tempo fa noi provisto
saria se non ci avesse ostato la sospensione con i tempi proibiti; non
di meno alla prima rinfrescata si provvederà al tutto con inviarnose
persone a ciò deputate. Ne lascerò di ringraziare la S.V. della loro
bona mente ed amorevolezza assicurandoli che me harranno all'incontro
amorevolissimo e corrispondente ad ogni servizio di tutte le S.V.
illustri per le quali sarà pregato Iddio Nostro Signore a prestarli
per sempre felice esaltazione con stato di quiete.
Da Roma 28 agosto 1567 " 53). Vana promessa; l'Ordine e l'ospedale non
ebbero mai più la loro grandezza, il loro splendore; ed infine furno
abbinati all'Ordine Sabaudo di S. Maurizio e restò come "Ordine di S.
Maurizio e Lazzaro", e Capua divenne sede non più di un Gran Maestrato
ma di una Commenda. Ma dove sorgeva la chiesa di S. Lazzaro e
l'ospedale? Le antiche carte (54) ci dicono che il fabbricato era ad
un terzo di miglio dalla città e lungo la strada "che mena al Casale
di S. Maria Maggiore (l'attuale S. Maria C.V.); la entrata più grande
riguarda il settentrione e la medesima città la parte occidentale
riguarda detta via. All'entrtata vi era una iscrizione che ricordava
Lazaro di Raimo quale fondatore dell'ospedale; all'intorno un giardino
con la scalea che menva alle stanze per li poveri impiagati e per gli
offiziali, ancora un pozzo d'inestinguibil vena dava acqua a li
viandanti et li leprosi et li pellegrini della chiesa". Ma l'attuale
chiesa di S. Lazzaro non pare essere quella della descrizione.
Possibile che di tanta opera non ne restano tracce? Il Brndi asserisce
che un incendio distrusse l'ospedale e la chiesa e che quella attuale,
dunque, non fosse altro che la riedificazione di quella distrutta.
Sorge più innanzi un corpo di fabbrica adibito attualmente a civile
abitazione che presenta una particolare struttura con il muro finale a
forma di abside, nel cui retro si notano due tronconi di architravi in
pietra viva e sporgenti dal resto della fabbrica. Inoltre dal Pratili
(55) sappiamo che la via Appia non seguiva l'attuale tracciato ma era
spostata più all'interno arrivando al casale di S. Maria Maggiore
(S.Maria C.V.) all'altezza dell'arco Adriano e dall'anfiteatro e
costeggiando così l'ospedale di S. Lazzaro. In vicinanza di questo
fabbricato sono stati repertati numerosi avanzi e tronconi di colonne
ed ancora quadrati massi che tuttora ivi giacciono. Ancora
attentamente osservando il muro perimetrale di detta casa si può
notare una grande apertura a tutto sesto che immette in alcune stanze
oggi suddivise ma tutte sullo stesso piano ed allineate con archi di
volta a tutto sesto. E tali archi che misurano una larghezza di circa
sei metri ed una altezza di circa quattro metri sono in parallelo con
la cosiddetta e presunta abside. Inoltre si è repertato innanzi al
corpo di fabbrica un pozzo con l'apertura, al terreno, quadrata da
massi in pietra viva di provenienza sicura dell'anfiteatro. Ancora la
disposizione topografica corrisponde alla descrizione fatta dallo
Iannotta. La piccola apertura descritta era quella che doveva menare
dalla chiesa nell'ospedale, mentre la grande doveva essere quella
dell'entrata nel Tempio. Ricerche catastali partendo dagli attuali
proprietari dello stabile si fermano al 1861 , mentre dal Catasto
conciario dell'epoca (56) si rileva in una nota che l'ospedale aveva
ad occidente in confine la strada tra la città di Capua ed il Casale
di S.Maria C.V. e S. Maria Maggiore, mentre l'entrata principale era a
settentrione. Ancora da notare che la definizione "ad Terthium" si
deve intendere al terzo miglio. Cosichè, secondo noi questo fabbricato
fu quello dell'ospedale di S. Lazzaro. Nulla altro più di quanto
esposto ci parla dell'ospedale in Capua. Pochi avanzi e la storia,
ineffabile veritiera, ci ricordano della grandezza statica ed ideale
di questo grande e glorioso nosocomi Lazzaro di Betania, in Giudea,
fratello di Marta e Maria, deve all'amicizia di Gesù non solo la
strepitosa risurrezione dalla tomba, ma anche il culto con cui la
Chiesa lo ha onorato nel corso dei secoli. Nella sua casa ospitale, a
tre miglia da Gerusalemme, Gesù trascorreva brevi pause di riposo
confortato dalle premurose attenzioni di Marta e di Maria e dalla
sincera e fidata amicizia del padrone di casa. In ricordo di questa
predilezione del Redentore, ogni anno (se ne ha notizia già nel IV
secolo) i cristiani di Gerusalemme alla vigilia delle Palme si
recavano in processione a Betania e sulla tomba di Lazzaro il diacono
proclamava il Vangelo di Giovanni che narra con molti particolari la
risurrezione di Lazzaro.
Giovanni infatti è il solo evangelista che riferisce il miracolo. La
narrazione, con l'insolita abbondanza di particolari, costituisce uno
dei punti salienti del quarto Vangelo, poiché la risurrezione di
Lazzaro assume, al di là del fatto storico, il valore di simbolo e di
profezia, come prefigurazione della risurrezione di Cristo. La casa di
Betania e la tomba furono meta di pellegrinaggi già nella prima epoca
del cristianesimo, come riferisce lo stesso S. Girolamo. Più tardi, i
pellegrini medievali ci informano che accanto alla tomba di Lazzaro
era sorto un monastero beneficato da Carlo Magno. Ma Lazzaro ebbe pure
il privilegio di due tombe essendo morto due volte. La prima tomba, da
cui fu tratto e risuscitato dall'amore di Cristo ("Vedi quanto
l'amava" esclamarono i Giudei scorgendo sul volto di Gesù una lacrima
di commozione) restò vuota, giacchè un'antica tradizione orientale
considera Lazzaro vescovo e martire a Cipro. La notizia, del VI
secolo, prese consistenza nel 900 quando l'imperatore Leone VI il
Filosofo fece trasportare le reliquie di Lazzaro da Kition di Cipro a
Costantinopoli, insieme con quelle della sorella Maria Maddalena,
rinvenute a La B. Vergine e S. Lazzaro, sullo stendardo di un
lebbrosario fiammingo (sec. XVI) Efeso. Antichi affreschi rinvenuti
nell'isola sembrano confermare la presenza di Lazzaro a Cipro. Del
tutto leggendario è invece il racconto secondo il quale Lazzaro e le
due sorelle sarebbero stati gettati su una barca senza remi e senza
timone e lasciati in balia delle onde, che avrebbero sospinto
l'imbarcazione sulle coste della Provenza.
Eletto vescovo di Marsiglia, Lazzaro avrebbe colto la palma del
martirio all'epoca dell'imperatore Nerone. I "lazzaretti", gli ospizi
per i poveri reietti, gli ospedali, sorsero molto spesso all'insegna
della protezione di S. Lazzaro, confondendo il Lazzaro della parabola
del ricco Epulone, col fratello di Marta e Maria, "colui che Gesù
risuscitò".
Dal Museo Campano di Capua